Nello scorso post ho cercato di parlare di economia dal mio punto di vista. Il risultato è stato un articolo lungo e serioso (nonostante nel finale ho cercato di lasciare un barlume di speranza), anche perché l’argomento è complesso. Ora voglio ovviare a tutto ciò. Voglio alleggerire l’argomento com’è nel mio stile e come mi piace fare anche attraverso il teatro. Chi mi conosce sa che so essere una persona a cui piace scherzare e anche prendersi in giro. Ciò per cui non potevo chiudere l’argomento (ammesso sia chiuso) che in modo divertente, in modo da lasciare nei lettori un sorriso colmo di speranza e di consapevolezza del fatto che siamo esseri inclini alla socialità e alla convivialità. Per fare ciò mi servo delle parole di uno scrittore che dell’ironia e dei giochi linguistici ha fatto la sua arma vincente. Parlo di Stefano Benni, che con le sue allegorie riesce a trattare temi come l’economia, la guerra, l’ecologia, e molto altro, senza però appesantire i lettori. Anzi, con Benni si rischia proprio di sbellicarsi dalle risate. Il brano che cito qui di seguito è tratto da Terra!, il suo primo romanzo. Vi invito a leggerlo per intero, se non l’avete ancora fatto, e a riflettere sulla metafora che viene usata. Ah, dimenticavo… Sorridete!
Tratto da Terra! – capitolo I pianeti strani – Feltrinelli, 1983:
… Ma il più strano pianeta di cui ho sentito raccontare è il pianeta della Sacra Merda. In esso la merda è la più grande ricchezza, la moneta con cui si compra tutto. Gli abitanti non hanno portafogli: ma grossi vasi che portano in giro, e più sono grossi e puzzano, più si vantano. Le banche sono dei giganteschi pozzi neri, guardati a vista da poliziotti e vigilantes. Qua si effettuano i versamenti. Dai più piccoli, alla vecchina che viene a consegnare due palline da coniglio, tutti i suoi risparmi, al commerciante che viene a portare l’incasso della giornata, una carriola ben odorosa. Naturalmente, nelle case non si dice “vado nel bagno,” ma si dice “metto nel salvadanaio”. Ogni bambino ha il suo vasino fatto a maialino. Ahimè! Anche in questo paese c’è chi vende anima e corpo, per diventare merdoso a dismisura! C’è chi rapina, e sotto la minaccia di una pistola ti obbliga a depositare lì, per strada, tutto il malloppo che hai in pancia! Se qualcuno, incautamente, si ferma in un prato per fabbricare un po’ di contante, stia attento che nel breve tempo che si tira su i pantaloni, qualcuno gli avrà già sottratto il suo bene. Per non parlare degli esibizionisti: quelli che quando entrano al ristorante, eccoli mettere merda qua e là in mano ai camerieri: e lasciano come mancia uno stronzo come un cotechino: e dicono, non per vantarmi, ma ho tanta merda che non so più dove metterla! L’economia in questo pianeta è naturalmente soggetta agli sbalzi di questo bene primario: qui la mancanza di investimenti si chiama stipsi, e la diarrea si chiama inflazione. Speriamo di mantenere il tetto della diarrea sotto il dieci per cento, dicono i governanti. E poi scoppiano gli scandali, e si scopre che segretamente i governanti prendevano quintali di merda dagli industriali e chiudevano un occhio sul contrabbando di merda all’estero. Esistono anche le cambiali, uno può acquistare una macchina, ad esempio, prendendo dieci purganti al momento dell’acquisto: ma se poi la cambiale andrà in protesto, sarà dichiarata panciarotta. E ci saranno perquisizioni e a volte anche sequestri da parte dei chirurghi-finanzieri. Ma questo capita ai pochi sfortunati: questo pianeta è ricco. Tutti i mesi, ogni giorno sei, San Libero, si fa la festa della Santa Merda. I più grandi merdoni del paese convengono con grandi macchine color crema e marron, e riempiono saloni pieni di lampadari e bei quadri e porcellane da bagno. Le signore sono vestite tutte di bianco e i signori in rosa. Si sente dire: lo vedi quello? Ha fatto la merda con le bische: è un parvenu. Quello, invece: uh è di sangue blu, la sua famiglia è sempre stata un letamaio. E tutti ballano, e soprattutto scoreggiano, per mostrare la loro ricchezza. Le grosse signore scoreggiano in tonalità di bordone gonfiando come vele i vestitoni stretti di raso, le giovani signore scoreggiano deliziosamente con virtuosismi di flauto e clarinetto, i ricchi commercianti petano come cannoni scambiandosi pacche sulle spalle, gli intellettuali sfiatano con grande sofferenza, spiegando che la merda non è poi tutto al mondo, i giovani brillanti tirano bronze pungenti che alzano le falde dei loro frac in eleganti impennate, i vecchi nobili brontolano e spetazzano e non raramente nel far ciò cade nelle loro mutande qualche spicciolo, i bambini trillano ventini, i neonati pigolano e il padrone di casa, apparendo sulla soglia rosso e trionfale, spara un peditone storico con fremente interminabile premito che scrolla le cristalliere e a voce alta dice: “Il pranzo è servito!” E tutti vanno a lavarsi le mani.